Programmato e organizzato dalla solerte regia del prof. Giuseppe Simplicio, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Scolastica, il seminario si è pregiato del qualificato contributo di Piero Cattaneo (foto), Coordinatore didattico dei Licei-Istituto Sociale Torino, docente presso l’Università Cattolica di Milano, responsabile della formazione dei Gesuiti, che ha incentrato il suo intervento nelle tre giornate sul tema <<l’ irc="" alla="" luce="" della="" laudato="" si’="" nella="" prospettiva="" dell’ecologia="" integrale="" e="" cittadinanza="" globale="">>.
Curate ed accurate, le lezioni del professore Cattaneo si sono intrecciate ad occasioni di confronto per gruppi strutturati di insegnanti ed a momenti di dibattito assembleare, secondo una dinamica che ha consentito la proficua recezione e il fecondo rilancio sia personale che comunitario della riflessione offerta. Tutto ciò nel contesto dello scenario recentemente dischiuso dai decreti connessi alla legge 107 sull’autonomia scolastica (dal n.59 al n.66) per declinarne ulteriori pertinenze e dalla celebrazione ormai prossima di due eventi, il Sinodo sui giovani e la Giornata mondiale della gioventù, appuntamenti da cui il discorso educativo non può distogliere l’attenzione.
L’interessante proposta è stata quella di assumere il testo di papa Francesco, che tanto credito ha riscosso anche tra “non credenti” e “diversamente credenti”, come orizzonte culturale dell’opera della scuola, come risorsa di carica educativa esponenziale a tutta garanzia di laicità: non solo per i contenuti esposti nell’enciclica, ma anche per il “metodo” che questi stessi contenuti suggeriscono al lavoro dell’insegnante; la connessione prospettata dal Santo Padre tra ecologia ambientale ed ecologia sociale per una ecologia umana ed integrale, implica infatti, per coerenza, una didattica inclusiva e volta alla crescita complessiva dello studente come cittadino del mondo.
E’ stato in specie rimarcato che la problematica dell’abitare e del prendersi cura del mondo quale “casa comune”, necessariamente investe anche l’ambiente scuola: fin dall’esigenza di creare, di scoprire ed inventare, sempre più idonei e dunque più diversi e diversificati contesti vitali di apprendimento, spazi e situazioni alternativi all’ aula, nei quali porre in essere una didattica decentrata e pervasiva che non configuri periferie educative, ma accompagni i giovani lungo itinerari di discernimento, orientandoli nelle scelte esistenziali. I docenti di religione si sono esercitati, anche laboratorialmente, a prospettare percorsi praticabili in tal senso.
Si conviene che la comunità scolastica dovrebbe promuovere “un altro umanesimo”, un umanesimo- per dirla con l’efficace espressione di un filosofo contemporaneo- “dell’altro uomo”, dell’uomo che non sono io, ma tu: nella prospettiva di generare un noi coeso e solidale; essa dovrebbe farsi tramite privilegiato di una azione che contrasti efficacemente l’imperante cultura dello scarto e della emarginazione fino all’esclusione. La Costituzione della Repubblica ci ricorda che dovremmo provvedere “a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art.3); la scuola ha da essere avanguardia vigile nella salvaguardia di questa priorità.
I docenti di religione dovrebbero in modo precipuo farsene carico. In modo peculiare e coerente essi dovrebbero concorrere a far comprendere che identità e differenza non sono da opporre per accedere autenticamente alla propria originalità personale, essendo essi i custodi di un messaggio che da millenni incrocia la storia degli uomini, per annunciare ed incarnare che non esistono distanze irraggiungibili, opposti inconciliabili: che Dio stesso trascende persino la sua trascendenza, la sua assolutezza irrelata, ponendosi accanto all’uomo, mettendosi al posto dell’uomo e per mettere l’uomo, ogni uomo, al suo posto. Il Dio di Gesù Cristo ci insegna che tutti siamo diversi anzi, di più e meglio, che ciascuno è singolare opera di un Dio di tutti e per tutti, di un Dio che ha reso l’altro un “altro simile”, generando la fraternità cosmica, secondo il Cantico del santo di Assisi.
In indirizzo al Corso di formazione circa 60 docenti delle scuole della diocesi cefaludense di ogni ordine e grado, molti dei quali si sono sentiti sollecitati a cogliere di nuovo l’opportunità di proseguire un itinerario di aggiornamento già proficuamente avviato lo scorso anno con il professore Cattaneo, avendo avuto modo di apprezzarne tutta la qualità e i “benefici didattici”. Nei presenti ha circolato l’energia di un lieta fatica: anche quella di superare le difficoltà insorgenti con le quali ogni serio impegno -come si potrebbe dire in sintonia con il monito di Gravissimum Educationis a 50 anni dal Concilio Vaticano II- ha comunque da misurarsi, specie di questi tempi (e non solo perché è estate!)
Con motivante, contagioso entusiasmo, abbiamo accolto l’invito a sperimentarci nel più difficile dei compiti: continuare ad imparare anche da insegnanti, continuare ad apprendere a lavorare assieme come docenti. Occorre metterci con disponibilità al servizio dei giovani, per concertare proposte che intercettino il più possibile in profondità, cioè fino alle domande di senso, l’intero curricolo degli studi delle generazioni che ci sono affidate, che coinvolgano quanto più possibile ampiamente i Consigli di classe, il Collegio dei docenti, gli organismi di partecipazione della scuola. Essa resta infatti chiamata, come istituzione, a promuovere la crescita reale, perciò integrale, di cittadini globali: di tutti noi, ospiti di un mondo che, nello spirito della Laudato si’ e sul solco della più vitale tradizione cristiana, papa Francesco invita a pensare ed abitare non come un possesso ma come un prestito ricevuto da coloro che ci hanno preceduto e da consegnare alle generazioni che verranno.
Tutto ciò, ritengo, fondamentalmente per educare ed educarci, forse ancora una volta per convincerci - facendo eco a Paolo VI - che sono maestri solo i testimoni.