Don Saottini ha preso spunto dal discorso di papa Francesco alla chiesa italiana a conclusione del convegno ecclesiale di Firenze ed ha invitato i docenti a sentirsi parte attiva di una chiesa che «osa innovare con libertà». Una chiesa inquieta che rifugge dal pericolo di rinchiudersi in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Ha puntato per questo la sua attenzione sull’identità dell’insegnante di religione cattolica oggi ed ha evidenziato il ritorno al senso profondo dell’essere insegnanti. Non una scelta solo lavorativa e nemmeno solo una scelta professionale. Don Saottini ha parlato di una scelta vocazionale. «Noi insegniamo religione cattolica – ha detto – e per noi cattolici questo vuol dire vivere e agire come comunità ecclesiale perché siamo insegnanti di religione dentro una chiesa».
Il relatore ha ripreso Evangelii gaudium ed ha invitato ad assumere come importante criterio di valutazione il fatto che «il tempo è superiore allo spazio». Un principio che permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. «Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce». Nella sua relazione, don Daniele, ha ripreso un altro passaggio fondamentale della EG (227) ove Francesco ricorda che la realtà prevale sull’idea. Il relatore ha invitato, per questo, a non dimenticare le specificità dell’insegnamento della religione ed ha declinato alcune pratiche didattiche fragili: «I purismi angelicati (quando penso di avere il programma perfetto e il testo già ben collaudato); i totalitarismi del relativo (quando la mia lezione si apre chiedendo “E oggi di cosa parliamo?”); i nominalismi dichiarazionisti (quando mi preoccupo solo di verificare che rispondano correttamente – a memoria – ripetendo quello che ho detto io); i progetti più formali che reali (quando propongo argomenti che sono importanti… ma “solo per me”); fondamentalismi antistorici (quando faccio solo apologetica della mia idea di chiesa – anche selezionando i temi: il diavolo, il gender, i film…); gli eticismi senza bontà (quando confondo l’insegnamento della religione con la buona educazione civica e mi assumo solo il ruolo di pacificatore e di sostegno dei più deboli); gli intellettualismi senza saggezza (quando impongo contenuti e approfondimenti ma senza educare a un approccio critico verso la vita reale): tutto questo può essere definito “occultamento della realtà”».
Il relatore ha invitato tutti a impegnarsi nel costruire una «comunità diocesana degli insegnanti di religione che cresce in una dinamica sinodale». Ha ripreso in tal senso EG 235 dove viene ricordato che «il tutto è più delle parti ed è anche più della loro semplice somma». Don Saottini ha detto che non si deve essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi.
A conclusione del suo intervento don Saottini ha parlato dello status giuridico dell’insegnante di religione ed ha affrontato l’argomento a partire dall’interpretazione della legge 107/15 sulla “Buona scuola”. Dopo gli interventi di alcuni docenti presenti ha preso la parola il vescovo Vincenzo Manzella che ha sottolineato l’importanza del seminazio quale occasione di qualificata formazione per i docenti di religione cattolica. Ha chiuso i lavori il direttore dell’ufficio scolastico diocesano, il preside Giuseppe Simplicio, che ha ringraziato il relatore e spronato i docenti a vivere la loro dimensione educativa nell’ottica dei cambiamenti sociali che caratterizzano il presente..